Nella Repubblica Popolare Cinese della seconda metà degli anni Ottanta, il venale Chen Handong conduce l’esistenza dorata che si addice ai figli dell’élite; dopo un’inutile laurea umanistica, ha avviato una fiorente attività imprenditoriale grazie al nepotismo e a una generosa dose di corruzione, e trascorre le sue notti libertine in varia compagnia, non importa se maschile o femminile.

Una sera gli viene presentato Lan Yu, un giovanissimo studente di architettura presso l’università Huada (nome sotto cui viene celata la prestigiosa università Tsinghua). Di etnia Han, Lan Yu proviene dalla regione più interna della Cina – Xinjiang, un territorio autonomo nord-occidentale la cui popolazione è costituita in maggioranza da Uiguri – e si distingue subito per un misto di mitezza e determinazione che lo caratterizzeranno per tutto il romanzo.
Il rapporto contrastato e passionale tra Handong e Lan Yu – che, a differenza del primo, solo in una occasione non verrà chiamato con il suo nome completo – è il perno attorno a cui ruota l’intreccio.

L’opera in questione, Beijing Comrades, di Bei Tong, è stato pubblicato nel marzo scorso da The Feminist Press, con la traduzione di Scott E. Myers; Myers ne firma anche la nota introduttiva, che, insieme al postscriptum dell’autrice e al saggio finale di di Petrus Liu, offre importanti informazioni riguardo il contesto in cui è nata.
Ed è un contesto inusuale.

Il primo capitolo di ciò che sarebbe poi diventato Beijing Comrades è stato postato online il 22 settembre 1998, da un utente il cui nome reale e genere sono tuttora sconosciuti. Durante un difficile momento personale, Bei Tong inizia a scrivere… qualcosa, intitolato Beijing gushi, cioè “storia di Pechino”, che conosce un grande successo; pochi anni dopo il romanzo viene pubblicato a Taiwan in una versione espurgata dei passaggi più audaci e nel 2001 arriva l’adattamento per il cinema con il titolo di Lan Yu da parte del celebre regista Stanley Kwan (il quale, come Myers, si riferisce a Bei Tong – pseudonimo nato dalla combinazione di Bei per Beijing, la capitale cinese, e Tong per tongzhi, “compagno” ma anche slang per “gay” – utilizzando pronomi femminili, e così faremo anche noi).

La traduzione in lingua inglese è una sintesi di testi diversi – l’originale online, il romanzo uscito a Taiwan e la mai pubblicata versione preparata dall’autrice per il mercato cinese continentale – operata da Myers con il supporto e l’approvazione di Bei Tong, che ha anche provveduto a fornire altre aggiunte inedite necessarie alla fluidità dell’opera.

I romanzi nati sul web godono di una pessima, e spesso non immeritata, reputazione. Beijing Comrades, nondimeno, fa parte di quella minoranza che ha meritato la pubblicazione in cartaceo per effettivi meriti, oltre che per l’innegabile succès de scandale.

Lo sviluppo psicologico dei personaggi, il racconto di un ambiente (la scena queer/gay di Pechino intorno al 1990) durante la sua primissima cristallizzazione, l’esplosione degli eventi di Piazza Tienanmen nella vita dei protagonisti e il loro successivo rapido ritorno alla normalità, l’erotismo molto esplicito: Bei Tong è in grado di gestire i diversi motivi del romanzo con un’eleganza e un’incisività che non ci si aspetterebbe per forza da un autore amatoriale.

Il personaggio di Handong, la voce narrante, ne è forse l’esempio migliore; la sua natura calcolatrice e sessualmente promiscua viene temperata dalla consapevolezza di sé e dal legame con Lan Yu, ma questo progresso non si trasforma mai in una completa redenzione. La crescita del protagonista si riflette in parte anche nelle sue interazioni con i personaggi femminili del romanzo: dalla tresca venata di misoginia con la carnale Hao Mei, alla sfaccettata relazione con la moglie Lin Ping, per culminare nell’evoluzione del rapporto di Handong con la propria madre.

L’inesperienza di Bei Tong, tuttavia, fatalmente a volte fa capolino tra le pagine: la prosa pecca a volte di eccessiva vivacità – fa specie l’uso smodato di domande retoriche fatto da Handong (un tic che, per fortuna, va perdendosi con il proseguimento del romanzo). In più, sebbene si tratti di un dettaglio non centrale, il modo in cui viene descritto il lavoro del protagonista non è mai del tutto convincente e rende un po’ arbitrario un importante sviluppo narrativo nell’ultimo terzo del romanzo, che cede anche ad alcuni stereotipi datati e finisce per risultare un po’ superficiale.

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La forza di Beijing Comrades, però, è nei suoi due personaggi principali, Handong e Lan Yu; l’inizio quasi sordido della loro relazione si evolve pian piano in un rapporto profondo e più paritario, ma sempre tormentato – a causa soprattutto della costante difficoltà di accettare la propria sessualità da parte di Handong, un disagio aggravato dagli oggettivi problemi concreti che derivano dal vivere in una società intollerante e dal tradizionalismo della famiglia Chen.

Di particolare raffinatezza il modo in cui l’autrice intesse il romanzo di riferimenti al denaro e ai mutamenti che la società cinese stava subendo, dalla differenza di classe sociale tra Handong e Lan Yu, elemento che periodicamente minaccia di avvelenarne il legame, all’implementazione della settimana lavorativa di cinque giorni.

Se le pagine migliori del romanzo descrivono i momenti di quieta felicità vissuti dalla coppia nella villa che Handong regala a Lan Yu, il quale la ribattezza Tivoli in onore dei Giardini di Tivoli a Copenhagen ai quali l’edificio somiglia (ma è difficile per chi legge non pensare all’altra villa di Tivoli, dove l’imperatore Adriano celebrò il suo amore per il divino Antinoo), le più intense sono dedicate all’escursione in un parco, uno dei pochi momenti in cui Handong e Lan Yu vivono in pubblico la loro storia.

I looked at the sky reflected in his eyes: deep, dark, almost black. I admired him so much. He possessed a kind of bravery I would never have. When I looked at his face, I saw not just a handsome young man but the breathtaking power of youth itself.
Lan Yu sat up and I pulled him into my arms. There we sat, our lips pressed together with the fervent madness of a first-time kiss. In nearly a decade of knowing him, it was only the second time we had ever shared a kiss outdoors. But now, instead of darkness, we were surrounded by radiant sunlight, blue skies, and the beautiful, rolling hills around us.

Nella raccolta di saggi intitolata The End of the Novel of Love, Vivian Gornick asserisce che in un romanzo moderno l’amore non riesce più a costituire una motivazione trascinante, né può più servire a fotografare la società come era possibile fino al primo Novecento; romanzi come Anna Karenina o L’età dell’innocenza certo non perdono di vigore, ma opere contemporanee che ne ricalchino la trama non potrebbero riprodurne la potenza espressiva, a prescindere dalla qualità letteraria – non è più possibile ritrarre la società moderna nella sua pienezza tramite il filtro dell’amore eterosessuale, ora che adulterio e divorzio non costituiscono più un vero rischio per l’esistenza del singolo nella propria comunità.

Come nei grandi romanzi dei secoli scorsi, l’amore al centro di Beijing Comrades va contro le regole prestabilite, rimanendo un elemento di rottura che apre una breccia e illumina un mondo nascosto, ma che è esistito – e di cui ora esiste il primo ritratto.

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